domenica 21 febbraio 2010

Fine dell'irriverenza

Ho sempre avuto parecchi problemi con la "fine" di un qualcosa.
Non so, può essere che il non aver visto morire la mia nonna ma di aver potuto vederla solo su un freddo letto di marmo di una fredda stanza di ospedale (della quale appresi quel giorno, a 8 anni, lo strano nome: "obitorio") abbia avuto un qualche peso in questo.
Ad ogni modo oggi ho voglia di celebrare una "fine".
Perchè? Per estrema fiducia credo, per primavera ostinata e feroce, per bruciare inverno e lasciarmelo alle spalle. Fine dell'irriverenza dunque, che talvolta in passato mi è stata imputata. Fine dell'irriverenza, non per amputazione, ma per sorpasso. Come può esserci irriverenza in amore? E' come attribuire a qualcosa, qualsiasi cosa essa sia, una sacralità superiore all'amore... peccato mortale!
Può esistere qualcosa di più sacro dell'amore? No, a meno che l'amore sia ancora in fase di confusa e sofferta, per quanto ostinata e inevitabile, gemmazione.
E allora, grato per aver visto spuntare gemme di T.S. Eliot fra il verde che si annuncia in questa adorata, e conquistata, primavera, celebro la fine dell'irriverenza, quella imputata e quella tante volte amputata, per amore e discrezione. Spazio a tutta l'irriverenza che mi sgorga naturale senza mai il progetto di ferire, sminuire od umiliare, si gioca con tutto, anche con la bellezza, quando la si ama sopra ogni cosa...



Che iddio ti cerry!

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