mercoledì 17 marzo 2010

Se Maometto non va alla montagna…

C’è stato un tempo in cui sognavo di partire per il Sud America per andare a lavorare fra i bambini di strada. Sognavo di poter essere un “maestro” di strada, leggevo Danilo Dolci, Marco Rossi Doria, Pasolini, Don Milani… leggevo Eduardo Galeano, il “Re dei bambini” di Acheng, studiavo Ivan Illich, Paulo Freire, Janusz Korczak… Facevo tutto questo nella mia vita “privata”, mentre nella mia vita “pubblica” per vivere e per ottemperare alle responsabilità e alle aspettative di genitori, società etc… prestavo il minimo indispensabile della mia forza lavoro a stupide aziende di telecomunicazioni (che ancora imperversano) e spendevo il minimo della mia capacità intellettuale presso una facoltà universitaria che niente aveva a che fare con le mie aspirazioni e i miei sogni, ma che pareva essere alquanto rassicurante circa la mia integrazione nel corpo produttivo nazionale.
A distanza di parecchi anni devo dire che sono successe parecchie cose… Non mi sono ancora laureato (chissà, finchè c’è vita…), ho smesso di lavorare per le telecomunicazioni, ma continuo a lavorare (non so se mi si possa proprio definire parte del corpo produttivo nazionale), e soprattutto ancora non sono andato in Sud America, nemmeno a fare il turista.
Per tutti questi anni ho continuato a studiare e lavorare. Lavoro ormai per e fra i bambini: faccio teatro con loro, non matematica, e alcuni di loro, mettendomi un poco in imbarazzo, mi chiamano “maestro”, ma in America Latina non ci sono ancora andato. Per eccesso di presunzione, o di senso di responsabilità, ho preferito attendere di sentirmi in grado di portare un contributo che non fosse solo fatto di buona volontà, ma anche di conoscenza e di concreta capacità di agire al servizio della gente che si va a incontrare, senza farne oggetto di affermazione del proprio ego e della propria cultura. Niente contro la buona volontà dei molti che partono senza troppi “se” e troppi “ma”, è solo che credo vada rispettata la propria indole (e quindi io provo a rispettare la mia) soprattutto se si vogliono fare scelte consapevoli e non dettate dalla semplicistica volontà di “rendersi utili” (massimo rispetto per chi va a dare una mano comunque e ovunque ce ne sia bisogno, soprattutto se sa farlo con l’umiltà di chi si mette a disposizione per tirare in piedi il muro di una scuola o di un ospedale o per scavare un pozzo, piuttosto che pretendere di insegnare, con analisi sociologiche/economiche... alla mano, cosa è meglio fare per stare al mondo in modo “civile”, a chi ha tutte le risorse per deciderlo autonomamente).
Ora, a distanza di anni, quando quasi mi sentivo finalmente, e presuntuosamente, pronto a partire, succede una cosa strana, che il “mio” Sud America, forse stanco di aspettarmi, è venuto lui da me.
E non mi riferisco tanto al fatto che lavorando nella scuola italiana di questi anni ho imparato, con gioia, ad avere a che fare con bambini che provengono da ogni parte del mondo (e quindi anche dall’America Latina), ma mi riferisco al fatto che “quel” Sud America in cui io desideravo tanto andare a portare il mio contributo di lavoro e di “lotta”, siamo ormai diventati noi.
Il Sud America non è più quello dei Videla, dei Pinochet, dei Noriega etc… con cui sono cresciuto, ma è diventato quello di Ugo Chavez, Evo Morales, Luiz Inácio “Lula” da Silva, Rafael Correa…



Proprio ieri ho avuto la possibilità di vedere uno splendido film documentario dal titolo “Eyes Wide Open” del regista uruguayano Gonzalo Arijon. L’ho visto all’interno del Festival del Cinema Africano di Milano (che da anni ormai si apre anche ad Asia e Sud America) e purtroppo non credo ci saranno molte altre possibilità di vederlo dal momento che sperarne una distribuzione cinematografica mi pare utopistico così come auspicarne una messa in onda televisiva pare assurdo (considerata la “qualità” con cui è abituata a infarcire i palinsesti la nostra TV non ci resta che lasciare spazio a De Filippi & C., che a trasmettere qualcosa di intelligente e ben fatto si rischia che qualcuno magari ricominci ad usare il cervello). Il film parlava proprio del Sud America di oggi, e lo faceva guidato dalle parole del grande scrittore uruguayano Eduardo Galeano, del quale anni fa avevo letto, tra gli altri, “Le vene aperte dell’America Latina” (prima che il buon Ugo Chavez lo facesse salire agli onori delle cronache regalandolo al Presidente degli USA Obama - immagini poste proprio in apertura del documentario).
Mentre guardavo il film rivedevo alcuni dei momenti esaltanti (almeno per quelli che sono cresciuti con le convinzioni con cui sono cresciuto io) che hanno conosciuto finalmente le democrazie di molti paesi dell’America Latina in questi ultimi anni, ma una vicenda in particolare mi ha colpito e mi ha fatto riflettere su quello che è invece il momento che il mio paese sta attraversando.
Per mia disattenzione, aiutato devo dire dal non proprio imponente interesse mostrato dai nostri media, non avevo seguito il processo di riforma costituzionale intrapreso in un piccolo paese come l’Ecuador. Abituato ai progetti di riforma costituzionale di cui si sente parlare qui da noi, contraddistinti da una assoluta povertà, laddove non da una smaccata disonestà, di intenti, quello che è accaduto in Ecuador assume ai miei occhi i connotati di un sogno che un italiano, impegnato a dover far fronte alle miserie di questi anni “berluscosi”, può pensare di veder realizzato solo in paradiso e che invece, in quel piccolo paese dell’America Latina, è già diventato realtà.

Qui di seguito riporto alcune veloci info recuperate in rete sulla recente nuova Costituzione che l’Ecuador è riuscito a darsi (nonostante le resistenze dei chierici, che anche in questo caso non hanno perso l’occasione per fare la solita figuraccia da retrogradi oscurantisti, e di alcuni riccastri locali, preoccupati di non poter più fare affari sulle spalle della maggioranza della popolazione)

29 luglio 2008

«Niente per noi stessi, tutto per la patria» è il leitmotiv che, negli ultimi otto mesi, ha accompagnato i lavori dell’Assemblea Costituente ecuadoriana, impegnata a redigere la nuova Costituzione. Il testo definitivo, presentato pochi giorni fa alla presenza delle più alte autorità locali, verrà sottoposto a referendum il prossimo 28 settembre.
La nuova Carta, che dovrà riformare la struttura dello Stato, è il risultato di un processo democratico dall’alto valore simbolico. Dal 2006, il più piccolo tra i paesi andini è guidato da un giovane economista, Rafael Correa, che si ispira ai principi del socialismo del XXI secolo, un progetto che, in molteplici forme, sta trovando applicazione in vari paesi del Sudamerica. L’idea di riformare la Costituzione, promossa in campagna elettorale da Correa, è stata sottoposta a referendum nel settembre 2007: l’80 per cento degli ecuadoriani ha espresso il proprio sì e, poche settimane dopo, ha eletto i membri della Costituente. Otto mesi di tempo erano stati concessi dal popolo ecuadoriano per completare la riforma ed otto mesi sono stati utilizzati dai costituenti per realizzarla.
Ma, oltre ai tempi, sono i contenuti a farne un modello di organizzazione dello Stato e di convivenza civile e pacifica.
La nuova Costituzione ecuadoriana è improntata sul concetto del "buen vivir", il buon vivere, che rimette il cittadino e i suoi diritti al centro dello Stato. L’Ecuador, uno dei paesi più poveri del continente, garantirà l’educazione e la sanità gratuite per tutti nonchè l’accesso sicuro e permanente ad una alimentazione sana e sufficiente; l’acqua assurge a diritto umano inalienabile e si promuove la sicurezza alimentare. Si proibisce l’ingresso nel paese di rifiuti tossici e scorie nucleari, così come la produzione, commercializzazione e trasporto di armi chimiche, biologiche e nucleari, di contaminanti altamente tossici, di agrochimici proibiti a livello internazionale e di organismi geneticamente modificati.
Ma non finisce qui. L’Ecuador viene definito «territorio di pace» e si proibisce la costruzione di basi militari straniere o di installazioni straniere per fini militari; allo stesso modo, si proibisce la cessione a stranieri di basi o installazioni militari nazionali. Gli indigeni vedranno finalmente sancito il carattere plurinazionale dello Stato mentre kichwa e shuar, i due principali idiomi ancestrali, diventano lingue ufficiali in relazione di interculturalità con il castigliano.
L’Ecuador è uno dei principali esportatori di petrolio della regione, tanto che i proventi della vendita del greggio costituiscono la prima voce del Pil, seguiti dalle rimesse degli emigrati che, con il loro lavoro, contribuiscono allo sviluppo delle economie di Spagna, Italia e Stati Uniti. Nonostante questo, l’art. 15 della nuova Costituzione stabilisce che lo Stato promuoverà l’uso di tecnologie ambientalmente pulite e di energie alternative. In più, si riconosce il diritto della popolazione a vivere in un ambiente sano e si dichiara di interesse pubblico la preservazione dell’ambiente e la prevenzione del danno ambientale.
In Ecuador, come in molti paesi latinoamericani, l’informazione è da sempre controllata dalle poche famiglie che, nel corso degli anni, hanno detenuto il potere economico e politico. Se il 28 settembre il popolo ecuadoriano dirà Sì alla nuova Costituzione, anche l’informazione dovrà tornare ad essere libera: tutti avranno diritto ad una comunicazione libera, diversificata e partecipativa, con uguali possibilità di accesso alle tecnologie dell’informazione e all’utilizzo delle concessioni radiotelevisive. Lo Stato promuoverà la pluralità dell’informazione e non permetterà il monopolio o l’oligopolio nella proprietà dei mezzi di informazione.
L’Ecuador è anche il paese con il maggior numero di sfollati e rifugiati del continente. Sono quasi tutti colombiani irregolarmente entrati nel paese, in fuga da un conflitto che dura ormai da 50 anni e che, dopo la liberazione di Ingrid Betancourt, rischia di sprofondare nuovamente nel silenzio e nell’indifferenza. Nonostante questo, la nuova Carta costituzionale ecuadoriana riconosce a tutti il diritto a migrare mentre lo Stato non considererà illegale nessun essere umano a causa della propria condizione migratoria. Ogni immigrato che vive in Ecuador potrà fare ritorno nel proprio paese e lo Stato si impegnerà a garantire che tale rientro possa avvenire in maniera sicura e dignitosa, indipendentemente dall’avere o meno i documenti in regola. Allo stesso modo, garantirà anche agli immigrati irregolari l’assistenza sanitaria ed un’alimentazione adeguata.
Per Costituzione, tutti avranno diritto alla ricreazione, al tempo libero e alla pratica di almeno uno sport. Chiunque avrà diritto a vivere in una casa sicura e dignitosa, indipendentemente dalla situazione sociale o economica, e si riconoscono i diritti delle coppie di fatto anche omosessuali.
Infine, tutti i diritti e tutti i doveri previsti dalla nuova Costituzione riguarderanno sia i cittadini ecuadoriani che gli stranieri presenti nel paese, senza discriminazione alcuna.
Un risultato storico, dunque, che affonda le proprie radici nel passato recente del paese andino. In trent’anni di democrazia, l’Ecuador è stato caratterizzato da governi corrotti, politiche neoliberali dettate dal Fondo monetario e dalla Banca mondiale, banchieri che portavano all’estero i risparmi dei cittadini e poi dichiaravano fallimento. Un bel giorno, nell’aprile del 2005, dopo anni di lotte indigene che hanno aperto il cammino, la gente comune, gli anziani, gli studenti, i disoccupati, gli intellettuali, i pensionati, i professori, le casalinghe, armati di casseruole e pentole, scendono in strada e non rientrano nelle proprie case fin quando, dopo tre giorni di proteste, non vedono scappare a gambe levate l’ennesimo presidente corrotto. L’anno successivo, sale al potere il socialista Rafael Correa ed oggi il paese festeggia una «costituzione magnifica», come l’ha definita Alberto Acosta, ex presidente della Costituente ed una delle menti di questo progetto innovativo.
Nel frattempo, in Italia si intende dichiarare lo stato d’emergenza per gli immigrati mentre per l’immunità di pochi eletti si paralizza un paese intero. Niente per la patria, tutto per noi stessi.


Insomma, mi sa che mi tocca starmene a casa, che ormai il lavoro da fare, la “lotta”, è proprio qui, altro che Sud America… se invece mi vien voglia di andare a vivere in paradiso, stavolta parto per davvero!

Che iddio ti cerry!

I bambini vengono prima

Da un articolo di Massimo Gramellini apparso su "La Stampa" del 12 marzo 2010:

La Corte di Cassazione ha stabilito che un clandestino non può restare in Italia solo perché suo figlio frequenta la scuola. La tutela delle frontiere deve prevalere sul diritto del minore allo studio. Che dire? Comprendiamo tutto. L’applicazione rigorosa della legge e anche le reazioni di giubilo che si leggono sui blog: l’augurio è che i giubilanti siano altrettanto implacabili quando si discute di reati contro il patrimonio o di evasione fiscale. Però la comprensione si arresta davanti alla realtà della vita che, a differenza della legge, è fatta di carne. In questo caso della carne di un bambino. Il quale uscirà devastato da un’esperienza del genere, si sentirà assaggiato e sputato come una caramella guasta, quando in fondo la sua iscrizione a scuola era la prova migliore della volontà di integrarlo nella nostra comunità.

Anche ammesso che la maggioranza dei clandestini siano così spietati da venire in Italia con un bimbo in età scolare solo per turlupinarci (ma ne avete parlato con la badante di vostra madre?), rimane il fatto incontrovertibile che quel bambino è un bambino. E che i diritti dell’infanzia, in una società che voglia distinguersi da un agglomerato di selvaggi, dovrebbero ancora significare qualcosa. E’ un pensiero buonista? No, è un pensiero umano. E mi rifiuto di credere che questi tempi spaventati ci abbiamo reso così insensibili da non cogliere la differenza. Da non capire più la semplice verità inculcata da generazioni di educatori: i bambini vengono prima.


Niente più che parole di buon senso... Peccato che la maggior parte dei commenti raccolti sul sito dimostrino ancora una volta perchè questo paese sia in mano ai Berlusconi, ai Gasparri, ai leghisti... e alle restanti menti illuminate che offuscano l'intelligenza nazionale.

Che iddio ti cerry!

martedì 16 marzo 2010

Aria avvelenata

Intervenuto alla festa di compleanno del fido don Verzè, il "nostro" Presidente del Consiglio ha definito avvelenata l'aria che si respira in questi giorni. Il suo non era certo un riferimento all'aria di Milano (il "nostro" non brilla per coscienza ecologista) ma l'ennesima lamentela dell'unto del Signore costretto a difendersi dalle malelingue che nonostante la sua sperticata filantropia continuano maledettamente e ingiustamente a criticarlo. Non mi resta che dedicargli questo video di alcuni amici canadesi...



Se poi qualcuno avesse voglia di sapere chi è Don Verzè, e perchè il nostro Presidente del Consiglio riesca a trovare il tempo di andare alla festa per i 90 anni di un vecchio prete rincoglionito e non alle sedute dei processi che lo riguardano, basta leggersi "L'unto del Signore" di Ferruccio Pinotti e Udo Gumpel Ed. BUR

Che iddio ti cerry!

domenica 14 marzo 2010

The king of the dogs

Massimo rispetto ai gatti ma...



Se poi dei gatti proprio non si può fare a meno...



Che iddio ti cerry!

mercoledì 10 marzo 2010

Risvegli

Come quando il tuo corpo è
nuda
sussurrata presenza
Ora è silenzio
assenza di te
seconda pelle mia
che plasma ogni pensiero
Mi sbatte il mondo addosso
Io
voglio che sia presenza
a imporsi
con forza di abitudine
Che i nostri corpi
nudi
dell’altro
siano abiti
fra sguardi di lenzuola
indossiamoci stupiti
abitiamoci ogni notte
copriamoci
di respiri e meraviglia
a tener lontano il freddo
Sempre abitati noi
abituati mai
Completamenti complici
di infinità gemelle

Che iddio ti cerry!

Sognando aa roma

aa vita a parte i scherzi è probblematica
aa gente se dimentica li probblemi de aa vita
ciascuno tifa pe aa sua squadra e se scorda de li morti che aa televisione fa veede
mentre aa gente dovrebbe un pochino de reflette
anche aa questione de sti africaani che se morono pe venì a tifà aa roma
na catasta de morti su le barchete
per corpa der governo
li poveraci che se sognaavano de venì a vede r campionato nostro
li mejo campioni de aa roma
li stracioni
li morti dde fame

sognando aa roma

na pigna de morti così
che se li fucilerebero è mejo subbito
piutosto che sti poveraci che se mojono ne le barchete
per corpa der governo che non fa n cazzo
co i arbitri trucati
perchè non ce stanno più le partite de na vorta
anche se la aa roma è sempre aa roma

na puzza de morto
l’ano fatta vede aa r teleggiornale
sognando aa roma
ce stava pure na dona nuda
che pareva n morto
che pareva n omo
ma che era na dona seporta da i aartri cadavveri
se si refletterebbe de questo
er governo de li comunisti
anche sto fatto de l’universo e aa deriva de i continenti
sognando aa roma

che annassero a di aa berlusconi de proteggece da li comunisti
li peggio frocioni morti republiccani
sognando aa roma o per r esempio
a dicere de sto fatto de li viaggi de aa speranza
de mijaia de gnoranti cche se morono dentro aa sto cazzo de mare
de maria de filippi
de noi attri
sognando aa roma

mijoni de morti
sognando aa gippe
r fuoristraada
e straafighe de aa televisione
li mejo film
come totti se ncula aa juve

de l’africa
dee prostitute
de l’adiesse

sognando aa roma


Aldo


Che iddio ti cerry!

Mezza donna, mezzo divano

– Non ho mamma – rispose egli. E infatti, non solo non aveva la mamma, ma non aveva nemmeno il più debole desiderio di averla. Riteneva che si attribuisse alle mamme eccessiva importanza.
Wendy ebbe subito la sensazione di trovarsi di fronte a una tragedia ed esclamò:
– Non mi stupisco, perché tu piangevi.
Saltò giù dal letto e corse con sollecitudine a lui.
– Non piangevo per il fatto di non avere madre – dichiarò egli piuttosto adirato – piangevo perché non posso riattaccarmi la mia ombra. E poi non piangevo nemmeno!
– Si è staccata?
– Sì.
A questo punto Wendy scorse l’ombra sul pavimento, e siccome appariva tanto spiegazzata, ne fu spaurita e dolente per Peter.
– E’ una cosa terribile! – osservò… tuttavia non poté nascondere un sorriso nel vedere che egli aveva tentato di appiccicarsela con il sapone. Era proprio un ragazzo! Per fortuna capì subito che cosa c’era da fare e disse con tono di leggera protezione:
– Bisogna cucirla.
– Che cosa è cucire? – domandò Peter.
– Sei terribilmente ignorante.
– No che non lo sono.
Dopotutto, ella era felice che egli ignorasse tante cose.
– Ebbene, te la cucirò io, mio piccolo uomo! – promise Wendy che non era più alta di lui. Prese il suo cestino da lavoro e si accinse a cucire l’ombra ai piedi di Peter, non senza averlo avvisato che forse gli avrebbe fatto un po’ male.
– Stai tranquilla che non piangerò – promise Peter, convinto di non aver mai pianto in vita sua. Infatti serrò i dentini e non emise un grido, così in un momento la sua ombra tornò al posto di prima in modo perfetto, benchè un po’ spiegazzata.
– Forse avrei dovuto stirarla – osservò pensosamente Wendy. Peter invece, indifferente alle apparenze come tutti i maschietti, stava già ballando nella stanza con frenetico entusiasmo, dimentico di essere debitore a Wendy della sua felicità, e convinto di aver cucito da sé la sua ombra al corpicino.
– Come sono abile! Oh che bravura è la mia! – gridava con impeto.
Benchè ci spiaccia ammetterlo, dobbiamo confessare che la presunzione era una delle virtù più incantevoli di Peter, anzi, per dirla con franchezza, non era facile trovare un ragazzo più pavone di lui.
A tutta prima Wendy se ne impermalì ed esclamò con pungente ironia:
– Sei un bel presuntuoso! A quanto pare, io non ho fatto nulla per te!
– Certo che hai fatto qualche cosa! – ammise Peter, carezzevolmente, continuando a ballare.
– Ah! Qualche cosa!… - ripeté ella, con superbo sdegno. – Va bene! Dal momento che non ti occorre il mio aiuto, posso ritirarmi!
Saltò con dignità nel letto e si tirò le coperte sul volto.
Peter allora, per indurla a guardar fuori, finse di andarsene, e poiché lo stratagemma fallì, sedette in fondo al letto e le fece solletico ai piedi col suo piede.
– Wendy, non nasconderti. Capiscimi, io non posso fare a meno di cantare e agitarmi quando sono contento.
Benché Wendy lo ascoltasse con grande interesse, non volle ancora tirarsi le coperte giù dal volto.
– Wendy – proseguì egli con un accento cui nessuna donna avrebbe mai potuto resistere. – Wendy, una ragazza vale da sola più di venti maschietti.
Allora Wendy, che era donna dalla testa ai piedi, benché dai piedi alla testa non ci fosse ancora molta distanza, sporse un occhio dalle coperte.
– E’ proprio così che la pensi, Peter?
– Proprio così!
– Magnifico, da parte tua! – proruppe ella. – Ed eccomi subito fuori! – disse, e gli sedette accanto sulla sponda del letto, poi aggiunse che, se egli voleva, gli avrebbe dato un bacio, ma Peter non capì che cosa fosse un bacio e tese la manina, in attesa. Wendy sbigottì.
– Come? Non sai che cos’è un bacio?
– Lo saprò quando me lo avrai dato! – rispose Peter con durezza.
Così, per non offendere la suscettibilità di lui, Wendy gli dette un ditale.
– Bene – esclamò egli – adesso te lo devo dar io un bacio?
Wendy rispose con una certa sussiegosa leggerezza:
– Se vuoi!…
E cercò di rendergli più facile la cosa piegando il visetto verso di lui, ma Peter le fece cadere in mano semplicemente un bottone di corno. Così Wendy pian piano ricondusse il visino alla posizione primitiva e gli promise di infilare il suo bacio nella catenella che portava al collo. Lo fece, e fu davvero una fortuna che avesse infilato il bottone nella catenina perché più tardi le avrebbe salvato la vita.

James Matthew


Che iddio ti cerry!

martedì 9 marzo 2010

Disegnando al buio

Labbra ti disegnano
Il letto e il vuoto mio
si illudono di te
Fa il galantuomo amor, ti versa
Lì l'aria in lieti sorsi
assetandomi ubriaca
Barcollo mi trascino mi
strofino vino vino
per vicoli lenzuola
un muro è la tua schiena
mi attira e poi mi piega
cucchiaio innamorato
Spingo
il mio petto in fuori?
Tiro
la pancia in dentro?
Non è petto non è pancia
siamo seri
Affogo nel mio bere
e il naufragar m'è dolce in questo squasso
Aaahh... Ho fottuto il materasso!

Che iddio ti cerry!

mercoledì 3 marzo 2010

Proiettili buoni (e non bombe intelligenti)

Sul muro di un locale c’è una scritta che dice
“E’ vietato cantare”
è quello che dice
Sul muro in aeroporto c’è un cartello che dice
“E’ vietato giocare con i portavaligie”

Io devo dire che c’è ancora gente che canta e gioca
C’è un’intelligenza da sparo
Pronti, attenti, mirare: “Fuoco!”

A salve io ti sparo proiettili buoni
Sparo in aria e si alzano in volo
E ti colpisco ti ferisco ma non ti offendo
A salve io ti sparo proiettili buoni buoni

C’è chi è un uomo di governo e si governa
Con parole con il mento pronunciato

Io devo dire che c’è da stare attenti
C’è un’intelligenza da sparo
Pronti, attenti, mirare: “Fuoco!”

A salve io ti sparo proiettili buoni
Sparo in aria e si alzano in volo
E ti colpisco ti ferisco ma non ti offendo
A salve io ti sparo proiettili buoni buoni

A salve io ti sparo proiettili buoni
Sparo in aria e si alzano in volo
A salve io ti sparo proiettili buoni
Sparo in aria e si alzano…


Che iddio ti cerry!

lunedì 1 marzo 2010

Oggi faccio festa, in India


India: si festeggia la primavera con il festival dei colori.

Scenografica come poche altre, la festa di Holi trasforma i fedeli indù in maschere variopinte. Si celebra in tutta l'India tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo ed è una ricorrenza di origine antichissima. Dedicata al trionfo del bene sulle forze maligne, come il Carnevale occidentale è un'occasione per abbattere temporaneamente le barriere tra le classi sociali, scambiarsi doni e preparare pietanze speciali.







Che iddio ti cerry!

Cronache dal libero stato di Bananas, cioè il mio


L'ho visto in TV! Di fronte al rifiuto di accogliere il "legittimo impedimento" da parte dei giudici di Milano, Ghedini, furioso, nel tentativo di mantenere il suo perfetto e stronzissimo aplomb, si contrae in una espressione piccata e rabbiosa che riesce a renderlo più brutto di quanto sia sempre stato, e di quanto sembrava umanamente possibile essere (la sua faccia è depositata a Sevres, vicino Parigi, presso il Bureau international des poids et mesures, come unità di misura della bruttezza). Ho dovuto pubblicare una caricatura per non offendere troppo il mio povero bloggetto e a tutela dei bambini che abitualmente passano da queste parti.
Pare che l'avvocato abbia rilasciato la seguente dichiarazione: "Come si può rifiutare il legittimo impedimento a un illegittimo impedito come il mio cliente Cav. On. Pres. Gr. F.d.P. Silvio Berlusconi!" poi è stramazzato al suolo in preda alle convulsioni mentre veniva raggiunto da scariche elettriche attraverso le quali veniva ufficialmente licenziato dal suo datore di lavoro e padrone.

Ma lasciamo spazio alla nuda cronaca...

Rifiutata l'istanza presentata dall'imputato Berlusconi, oggi in riunione del Consiglio dei ministri.
Le motivazioni: "Impegno preso a udienza già fissata. Funzione giudiziaria non può essere svilita"
Ghedini, avvocato del premier : "Processo da annullare! E' un fatto gravissimo, una decisione fuori dal sistema"


ROMA - I giudici del Tribunale di Milano hanno respinto la richiesta di legittimo impedimento avanzata da Silvio Berlusconi per l'udienza di oggi nel processo Mediaset. Nell'istanza, presentata venerdì scorso dai legali del premier, si sosteneva l'impossibilità di presenziare all'udienza da parte dell'imputato Berlusconi a causa della riunione del Consiglio dei ministri fissata per oggi. I giudici, però, hanno spiegato che l'udienza odierna era stata fissata tenendo conto degli impegni del presidente del Consiglio. Immediata è arrivata la reazione di Niccolò Ghedini, avvocato del premier, secondo il quale ci sono gli elementi per un "annullamento del processo".

Le motivazioni dei giudici. Nell'ordinanza si fa riferimento alla sentenza della Corte costituzionale in cui si parlava della necessità di contemperare le esigenze della giustizia con gli impegni istituzionali dell'imputato. I giudici hanno spiegato di avere rigettato l'istanza perché "altrimenti verrebbe svilita la funzione giudiziaria".

I giudici, presieduti da Edoardo D'Avossa, non hanno ritenuto di concedere il legittimo impedimento poiché hanno considerato che il Consiglio dei ministri di oggi è stato fissato il 24 febbraio scorso, dunque in data successiva a quella in cui era già stata stabilita l'udienza di oggi. Inoltre, il collegio ha considerato che nel frattempo altre tre udienze erano già saltate. Tra le altre cose, i giudici hanno spiegato che "nulla è stato dedotto" riguardo la necessità e inderogabilità di fissare il Cdm proprio per il primo marzo.

Ghedini: "Descisione fuori sistema". Per Niccolò Ghedini, uno dei legali di Berlusconi, il processo va verso un "sicuro annullamento". E' "un fatto gravissimo", ha detto Ghedini, che i giudici non abbiano concesso il legittimo impedimento a Silvio Berlusconi. In una pausa dell'udienza, l'avvocato ha parlato di "decisione fuori sistema" che comporterà "un annullamento del processo" in quanto vi è una sentenza della Cassazione che, per un caso analogo, ha disposto l'annullamento del processo. Per l'avvocato Piero Longo "sarebbe ragionevole se la presidenza del Consiglio sollevasse un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato".

"La decisione dei giudici - ha aggiunto Ghedini - è totalmente al di fuori del sistema, contrasta con la sentenza della Corte Costituzionale, con la Corte di Cassazione e con la normativa del codice. E' totalmente al di fuori di qualsiasi logica, perché un Consiglio dei Ministri non è preventivabile di giorno in giorno, è un fattore eccezionale". Il Consiglio dei Ministri - ha spiegato il legale - "doveva tenersi venerdì ed è stato spostato ad oggi con un nutritissimo ordine del giorno. E' come se a causa di un'influenza fossi costretto a non partecipare a un'udienza in calendario". "E' un'ipotesi assolutamente imprevedibile - ha detto ancora Ghedini - Berlusconi non poteva mancare al Consiglio dei ministri, e, comunque, se i giudici avessero accolto il legittimo impedimento si sarebbe fermata la prescrizione. Oggi era in programma l'ascolto di alcuni testimoni e Berlusconi voleva partecipare a questa udienza". Ai cronisti che gli hanno domandato per quale motivo il Consiglio dei Ministri è stato spostato da venerdì a lunedì, Ghedini ha risposto: "lo spostamento è avvenuto per questioni eccezionali, collegate a situazioni politiche, quale la chiusura delle liste elettorali".


Che iddio ti cerry!