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Che iddio ti cerry!
sabato 12 ottobre 2013
mercoledì 9 ottobre 2013
Illusionista a metà
C'era una volta un illusionista a
metà. Poteva far apparire dal nulla qualsiasi cosa. Davvero, vorrei che poteste
credermi, era davvero incredibile quello che riusciva a far apparire, però il
difficile poi era farla sparire. Una volta era riuscito a far comparire perfino
un elefante, ma le povere assi del povero palco di provincia su cui si esibiva
quel giorno cedettero sotto il peso del buon pachiderma. All'illusionista non
restò che ripagare il danno agli organizzatori e andarsene, a cavallo
dell'elefante che cercava la strada per tornare a casa.
Era sempre così, i suoi spettacoli
non duravano mai troppo perché, non riuscendo a far scomparire quello che aveva
fatto apparire, il palco si riempiva velocemente di strane e inquiete presenze
che trasformavano lo spettacolo e lo rendevano ingestibile fino a far cacciare l'illusionista
a metà, per intero, con tutta la sua tribù di comparse. Gli andava già bene quando
non rompeva nulla.
Questo per quanto riguarda il
lavoro, ma anche l'amore non andava meglio. Dedicava così tanta cura a far
comparire un amore che poi il difficile era farlo scomparire. Che bello, un
amore eterno direte voi, ma le illusioni in amore si fanno in due, altrimenti
rimangono zoppe e dopo un po' si fermano, scompaiono per qualcuno e rimangono
sul palco dell'illusionista a metà. E il suo palco, ormai lo sa, è ancor più
fragile di quel palco di provincia che si inghiottì l'elefante. Povero palco.
Meno male che c'è la salute.
E l'elefante.
Che iddio ti cerry!
sabato 21 settembre 2013
venerdì 2 agosto 2013
Sulla bellezza, senza farle male
A sorpresa, e a tradimento...
Uscire o mandare fuori a stille. Separare mediante il fuoco
da una sostanza chiusa in un lambicco o in una storta i suoi principi più o
meno volatili. E' forse volatile la bellezza? Chissà? L'ho vista in cielo. L'ho
vista sui rami, tra le foglie. L'ho vista vicino a me, quando son stato
fortunato e avevo qualche briciola da offrire tra le dita. Dice che passa, ma a
me par che rimane, se distilli. E non la tua, certo, perché bellezza non si ha.
Poi dice che ci vuole fuoco. E una storta. Di storte io ne ho, ma
soprattutto ho l'intestino: e infatti è qui, nella pancia, che ho distillato bellezza,
paziente e clandestino. E badi bene lo sfacciato che, distillata, resta dentro,
in stille, nel sangue e tra i pensieri, mentre altro è quel che se ne va. Così
ho un cielo stillato dentro di me... Se invece credi di poter comprar bellezza,
o rubarla, che è poi lo stesso, lei si traveste e adesso sì che scappa, fuori, sotto
le spoglie in cui piaceva immaginarla allo sfacciato. Però, dice ancora, ci vuole fuoco.
E allora che si fa? Tocca strofinare i soliti legnetti: cuore e amore a far
scoccar vecchie scintille di rima e... Bum! Ma che sostanza credi d'aver
chiuso nel lambicco del tuo corpo? C'ho messo tutta la bellezza che ho trovato
e anche quella che non avrei trovato mai se non m'avesse trovato lei. Ma sopra
a tutto, bellezza di femmine amate, filtrata negli occhi setacci come oro in
pagliuzze, scovate a nude mani nei letti di fiumi di storie. Bellezza toccata
con mano, con spalla, con culo e anche con fianchi, colpita a vita, soffiata in
trasparenza o succhiata a lingua leccando di naso. Orecchie fra le dita per
ascoltare quel mare che ti si agita intorno, mentre ossa in tempesta
spumeggiano fradice e suonano silenziose. Poi capita che finisce tempesta, ma il mare resta. Alcune se ne vanno, oppure rimangono,
o tue più non le dici, e non si dicono, per rimaner per sempre... e mentre sei
lì che sleghi e annodi abbracci diversi, ma uguali, ma diversi, allora piano
piano ti accorgi che di loro in te l'hai distillata: bellezza, che senti, che
ritrovi, che non è più tempesta e ossa fradice, ma anche di quello è frutto e
discendenza, mare. E senza fine, come scugnizzo a pesca di ricci, ci scendi dentro, a mare per salire.
Dice che c'è anche tanta altra bellezza. Sì, ma oggi parlava questa.
Che iddio ti cerry!
domenica 3 marzo 2013
Fantasmagoria in due
Nella fantasmagoria in 2 ci sarà sempre più vita che nella fantasmagonia...
Phantasmagoria In Two
Tim Buckley
If a fiddler played you a song, my love
Che iddio ti cerry!
Tim Buckley
And if I gave you a wheel
Would you spin for my heart and loneliness
Would you spin for my love
If I gave up all of my pride for you
And only loved you for now
Would you hide my fears and never say
"Tomorrow I must go"
Everywhere there's rain my love
Everywhere there's fear
If you tell me a lie I'll cry for you
Tell me of sin and I'll laugh
If you tell me of all the pain you've had
I'll never smile again
Everywhere there's rain my love
Everywhere there's fear
I can plainly see that our parts have changed
Our sands are shifting around
Need I beg to you for one more day
To find our lonely love
Everywhere there's rain my love
Everywhere there's fear
Would you spin for my heart and loneliness
Would you spin for my love
If I gave up all of my pride for you
And only loved you for now
Would you hide my fears and never say
"Tomorrow I must go"
Everywhere there's rain my love
Everywhere there's fear
If you tell me a lie I'll cry for you
Tell me of sin and I'll laugh
If you tell me of all the pain you've had
I'll never smile again
Everywhere there's rain my love
Everywhere there's fear
I can plainly see that our parts have changed
Our sands are shifting around
Need I beg to you for one more day
To find our lonely love
Everywhere there's rain my love
Everywhere there's fear
Che iddio ti cerry!
giovedì 28 febbraio 2013
martedì 26 febbraio 2013
sabato 23 febbraio 2013
Una lettera
"Mamma, con quale animo hai potuto fare questo? Non ho
più pace da quando mi hanno comunicato, che tu hai presentato domanda di grazia
per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti
amaramente di aver scritto una simile domanda.
Debbo frenare lo sdegno del mio animo, perché sei mia madre
e questo non debbo mai dimenticarlo. Dimmi mamma, perché hai voluto offendere
la mia fede? Lo sai bene, che è tutto per me, questa mia fede, che ho sempre
amata tanto. Tutto me stesso ho offerto ad essa e per essa con animo lieto ho
accettato la condanna e serenamente ho sempre sopportato la prigionia. E'
l'unica cosa di veramente grande e puro, che io porti in me e tu, proprio tu,
hai voluto offenderla così? Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di
nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha
sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza?
E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo
istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur
di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso, che tanto andavi
orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente
così allontanata da me, da non intendere più l'amore, che io sento per la mia
idea?
Come si può pensare, che io, pur di tornare libero, sarei
pronto a rinnegare la mia fede? E privo della mia fede, cosa può importarmene
della libertà? La libertà, questo bene prezioso tanto caro agli uomini, diventa
un sudicio straccio da gettar via, acquistato al prezzo di questo tradimento,
che si è osato proporre a me.
Nulla può giustificare questo tuo imperdonabile atto.
Lo so, più di te sono colpevoli coloro che ti hanno
consigliata di compierlo. Vi sono stati spinti dall'amicizia che per me sentono
e dalla pietà che provano per le mie condizioni di salute?
Ma pietà ed amicizia diventano sentimenti falsi e
disprezzabili, quando sanno compiere simili azioni. Mi si lasci in pace, con la
mia condanna, che è il mio orgoglio e con la mia fede, che è tutta la mia vita.
Non ho chiesto mai pietà a nessuno e non ne voglio. Mai mi
sono lagnato di essere in carcere e perché, dunque, propormi un così vergognoso
mercato?
E tu povera mamma ti sei lasciata persuadere, perché troppo
ti tormenta il pensiero, che io non ti trovi più al mio ritorno. Ma dimmi,
mamma, come potresti abbracciare tuo figlio, se a te tornasse macchiato di un
così basso tradimento? Come potrei viverti vicino, dopo aver venduto la mia
fede, che tu hai sempre tanto ammirata?
No, mamma, meglio che tu continui a pensarlo qui, in
carcere, ma puro d'ogni macchia, questo tuo figliuolo, che vedertelo vicino
colpevole, però, d'una vergognosa viltà.
Che male ho fatto per meritare questa offesa?
Forse ho peccato di orgoglio, quando andavo superbo di te,
che con fiera rassegnazione sopportavi il dolore di sapermi in carcere. E ne
parlavo con orgoglio ai miei compagni. E adesso non posso più pensarti, come
sempre ti ho pensata: qualche cosa hai distrutto in me, mamma, e per sempre.
E' bene che tu conosca la dichiarazione da me scritta
all'invito se mi associavo alla domanda da te presentata. Eccola:
"La comunicazione, che mia madre ha presentato domanda
di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, ad
una simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più
d'ogni altra cosa, della mia stessa vita, mi preme."
Per questo mio reciso rifiuto la tua domanda sarà respinta.
E adesso non mi rimane, che chiudermi in questo amore, che porto alla mia fede
e vivere di esso. Lo sento più forte in me, dopo questo tuo atto.
E mi auguro di soffrire pene maggiori di quelle sofferte
sino ad oggi, di fare altri sacrifici, per scontare io questo male che tu hai
fatto. Solo così riparata sarà l'offesa, che è stata recata alla mia fede ed il
mio spirito ritroverà finalmente la sua pace. Ti bacio, tuo Sandro.
P.S. Non ti
preoccupare della mia salute, se starai molto priva di mie lettere.
Che iddio ti cerry!
Che iddio ti cerry!
martedì 12 febbraio 2013
Vabbè...
A questo punto potrei anche smettere.
Dialogo:
- Ta pias?
- L'è bel! Chi là fat? Ti?
- No, Carmelo Bene.
...
Che iddio ti cerry.
Dialogo:
- Ta pias?
- L'è bel! Chi là fat? Ti?
- No, Carmelo Bene.
...
Che iddio ti cerry.
sabato 9 febbraio 2013
Indiana Gions
LE COLONNE X DI VIA LARIO
Utilità nessuna, sembra. Troppo distanti per fungere da pali di una porta da calcio, troppo lisce e strette per appenderci i manifesti. Eppure si ritrovano lì e una ragione ci sarà, evocativa, monumentale, non so.
Inizio a investigare nei paraggi, desideroso di scoprirne la storia e chissà, il nome di battesimo: in fondo son gemelle pure loro. Tra le raffiche di “boh” e “abito altrove” spiccano a fine giornata le versioni di cinque “isolani da sempre”, tutte contrastanti.
Ipotesi 1, isolano documentato. “Ho letto opuscoli, ho parlato con studiosi. Sostenevano una vecchia porta di accesso a Milano, dove avvenivano controlli pre-doganali”.
Ipotesi 2, isolana forcaiola. “Un tempo ci legavano ai polsi le coppie di molesti litiganti che a suon di risse e spargimenti di veleni minavano la tranquillità della zona. I due erano costretti a stare lì e a far pace discutendo, dopo ore di insulti e sputi. Guardi che servirebbe ancora eh”.
Ipotesi 3, isolana strutturista. “Colonne antiche? Medioevo? Bufale! Le hanno costruite 30 anni fa insieme ai palazzi, per riequilibrare il terreno”.
Ipotesi 4, isolano in sella. “Hai presente il circuito a forma di ‘8’ che eseguono i motociclisti durante l’esame per la patente? Ne ho visti molti che vengono a esercitarsi qui girando intorno alle due colonne”.
Ipotesi 5, isolano apocalittico. “Macché, servono a misurare le inondazioni del Seveso, che passa qui sotto interrato. Perché ne han fatte due? Beh, metta che una crolli con la piena…”
Che iddio ti cerry!
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