giovedì 29 marzo 2012

Meno male...

...che c'è Mr. Morris Lessmore.


Che iddio ti cerry!

martedì 27 marzo 2012

Man or Muppet

Ci sono alcuni giorni in cui anche a me viene il dubbio "Sono un uomo o un muppet?", ma per fortuna, quasi sempre, sono certo di essere un muppet! 


Che iddio ti cerry!

lunedì 26 marzo 2012

Insulto o complimento?

Ancora non me l'aveva mai detto nessuno: "masturbatore di parole"!
Preso, incassato e portato a casa.
Per fortuna che parola è femmina, posso continuare a masturbare con gioia,
mia, e di parola.

Che iddio ti cerry!

sabato 24 marzo 2012

Quando tornano i giganti...


"Siamo qua come agli orli della vita. Gli orli, a un comando si distaccano; entra l'invisibile: vaporano i fantasmi. E' cosa naturale. Avviene, ciò che di solito nel sogno. Io lo faccio avvenire anche nella veglia." 

Che iddio ti cerry!

sabato 17 marzo 2012

The Boss is back again... and again...


...standing together we were badass, on any given night, on our turf, some of the baddest on the planet. We were united, we were strong, we were righteous, we were unmovable, we were funny, we were corny as hell and as serious as death itself. And we were coming to your town to shake you and to wake you up. Together, we told an older, richer story about the possibilities of friendship that transcended those I'd written in my songs and in my music. Clarence carried it in his heart. It was a story where the Scooter and the Big Man not only busted the city in half, but we kicked ass and remade the city, shaping it into the kind of place where our friendship would not be such an anomaly.


...I'll miss my friend, his sax, and the force of nature that was his sound. But his love and his story -- the story that he gave to me, that he whispered in my ear, and that he gave to you -- is going to carry on.


Clarence was big and he made me feel, think, love, and dream big.
How big was the Big Man?  
Too fucking big to die. 
 You can put it on his gravestone, you can tattoo it over your heart.


Clarence doesn't leave the E Street Band when he dies.
He leaves when we die.
(Bruce)




When a little bit of light missing, someday
and a lazy sun remains under a clouds blanket
I don't forget that something in me
in my thirteen's heart and soul
felt and recognized a truth
You can see the light and be blinded
or you can see the light and learn to see better forever
and live also to return what you have been given
Let's work! 

Che iddio ti cerry!

venerdì 16 marzo 2012

Uai ei

Jason Reitman. Di nuovo sceneggiato da Diablo Cody. Prodotto da John Malkovich. Briciole di Eddie Vedder sul tavolo dei suoni con il Fanclub, ma quello dei Teenage. Charlize Teron, non è delle mie, ma chi se ne frega, è brava e lo diventa. Che regalo Patton Oswalt. E poi, quando a un film, per vincermi, basta una parola... giù il cappello. Nascondimi.
E chissà se i complimenti vanno al traduttore o alla scrittura originale... urge visione in lingua.

 

Che iddio ti cerry!

giovedì 15 marzo 2012

All the rowboats

Ovvero: al museo... senza Ben Stiller!


 
Tutte le barche a remi, nei dipinti
Cercano continuamente di remare via
e le facce preoccupate dei capitani
Restano contratte mentre fissano le onde
Continueranno a restare appese, nelle loro cornici d’oro
Per l’eternità e ancora
Tutte le barche a remi, nei dipinti ad olio
Cercano continuamente di remare via

 Le ascolto sussurrare in francese e tedesco
olandese, italiano e latino
Quando nessuno guarda, tocco una scultura
di marmo, fredda, e morbida come raso
Ma le più speciali sono le più sole
Dio, provo pena per i violini
In bare di vetro, continuano a tossire
Hanno dimenticato, dimenticato come cantare, come cantare

 Prima si spegne la luce, poi si chiude a chiave
Capolavori scontano massime pene
è la loro colpa per essere senza tempo
C’è un prezzo da pagare, ed una conseguenza
Tutte le gallerie, i musei
"Questo è il tuo biglietto, benvenuto nelle tombe!"
Sono solo un mausoleo pubblico
I morti viventi riempiono ogni stanza
Ma i più speciali sono i più soli
Dio, provo pena per i violini
In bare di vetro, continuano a tossire
Hanno dimenticato, dimenticato come cantare, come cantare

 
 
(E nel nuovo disco c'è)

Che iddio ti cerry!

martedì 6 marzo 2012

Fiori di carezze e parole pizzicate

non tutti fanno male
parlano
alcuni parlano
a chi li sa ascoltare
a chi ha il tempo e la pazienza
di accorciare una distanza
piano
con te ho imparato
piano
ad ascoltar parole mute
a far parlare gli occhi e
tanto
con te ho giocato
tanto
la danza dei silenzi
e quell'urlo a bocca chiusa
pizzicando dolci pizzicotti

da un altro dove
e un altro tempo
ho letto poi sillabe di te
e fiori di carezze fra i capelli
come un pizzicar di parole nostre
mute riconosciute e amate
Vuoi giocare con me?
Sì ti rispondevo e ancora ti risponderei
mentre da qui ti parlo
e un piccolo topo corre su quel prato che ci avevi regalato

(grazie a Marika)

Che iddio ti cerry!

venerdì 2 marzo 2012

Tii nni vai puisia

E' mai sempre questa la scrittura, è l'informe incandescente che s'informa, il suo freddarsi, il trapassare stilla a stilla nel segno, suono, nel senso decretato, nella convenzione, nella liturgia della parola? E' canto, movimento, pàrodo e stàsimo per liberare pena gioia furia rimorso, mostrare nella forma acconcia, nella più bella la tempesta? E' malizia, compromesso, cedimento, riconciliazione con il mondo? Oh anima sfuggente, oscura, oh fondo tenebroso.
E' menzogna l'intelligibile, la forma, o verità ulteriore?
Ma prima è l'inespresso, l'ermetico assoluto, il poema mai scritto, il verso mai detto. E' il sibillino, il mùrmure del vento, frammento, oscuro logo, profezia dei recessi. E' la ritrazione, l'afasia, l'impetramento la poesia più vera, è il silenzio. O l'urlo disumano.

Il 21 gennaio di quest'anno è morto Vincenzo Consolo, siciliano di Milano. Le sue parole restano. Parole che invitano alla cura, a una scrittura attenta, generosa, sinfonia di sillabe e festa del suono che si fa senso.

"codesto tuo odio è cosa buona. Lavoreremo insieme, Marano. Ho saputo che sai scrivere. Faremo un giornale nostro in Tunisia, per gli esiliati, per i compagni in patria. Prepariamo così il momento dello sbarco nell'isola, del nuovo Vespro..." E improvviso, esaltandosi, cambiando tono, "Viva l'Anarchia! Pensiero e dinamite!" fece urlando quasi. "Noi saremo come la Morte ghignante del Trionfo, la bayadère sans nez sul pallido cavallo che irrompe nel giardino della danza, torno alla fontana dei piaceri, dell'incanto, infreccia papi vescovi abati, re e principi, dame e cortigiani, paggi e scudieri, infreccia cadaveri disfatti, fermenti di pesti, vermi, covi d'infezioni... C'est la Mort qui console, hélas! et qui fait vivre... Infrecceremo Chiachieppe il nano, il bastardo, ogni Savoia, ogni rampollo dell'infame stirpe, il Ganellone truce di Predappio, i suoi sgherri, ogni servo marcio, serpente feudale di Sicilia, plutocrate del nord, tutto lo sbirrume, il borghesume, i vassalli idioti dello stato, i sozzi bottegai, i bacchettoni, gli ignoranti... Stermineremo tutti, presto, libereremo l'Italia dal potere lordo di sangue, fango...

            "Ruggite o miserie dai petti ventenni
            Squillate campane dei Vespri solenni
            E' questa la grande riscossa finale
            Del bene e del male la pugna fatal...

Tieni, leggi!" disse mettendo in mano a Petro un libro. "Ci ritroviamo domattina per lo sbarco."
Petro costernato aveva visto ancora in quel vecchio la bestia indomita. La bestia dentro l'uomo che si scatena e insorge, trascina nel marasma. La bestia trionfante di quel tremendo tempo, della storia, che partorisce orrori, sofferenze.
Doveva sfuggire a Schicchi, a ogni altro. Nella nuova terra sarebbe stato solo come un emigrante, in cerca di lavoro, casa, di rispetto. Solo ad aspettare con pazienza che passasse la bufera.
Si rifugiò al coperto, dentro il salone ov'erano ammassati arabi, emigranti, arresi al sonno, russanti, in un tanfo spesso. Si stese in mezzo e ritrovò calore, agio per la notte.
Fu svegliato dal fischio, dal trambusto sulla nave. Corse alla murata e gli apparì, nei vapori sul gran golfo, sulla laguna, il castello bruno, le mura della Kasbah, le case bianche e azzurre, le cupole i minareti, le palme i pini le acacie, i gabbiani i fenicotteri, e i bastimenti i velieri dentro il porto.
Cominciava il giorno, il primo per Petro in Tunisia.
Si ritrovò il libro dell'anarchico, aprì le mani e lo lasciò cadere in mare.
Pensò al suo quaderno. Pensò che ritrovata calma, trovate le parole, il tono, la cadenza, avrebbe raccontato, sciolto il grumo dentro.
Avrebbe dato ragione, nome a tutto quel dolore.




 Che iddio ti cerry!