mercoledì 29 giugno 2011

Tra Berardo Viola e Miracolo a Milano

- Tua zia è a letto, ora? - s'informò Giuseppe Boscone con voce impastata di risentimento.
- Sì, è a letto, - disse, candida, Ninetta.
- Allora puoi andare a dirle che chi tradisce non riposa, dille che questi sono peccati che si scontano.
Ninetta restò a guardare, turbata, i due uomini che, allontanandosi, scansavano ostacoli di marmocchi. Ce n'erano tanti e di età varia; la maggior parte scalzi, vestiti di stracci e con tra il naso e la bocca croste verdognole di muco. Correvano appresso a una palla floscia urlando, cadendo e rialzandosi, sciamando in gruppi. Alcuni avevano lasciato i libri di scuola sui davanzali delle finestre basse. Una scalinata collegava la piazzetta con un cortile disabitato, e su quella scalinata c'era un saliscendi continuo di gambette magre.
- Che fastidio, questi mocciosi, - sbuffò Vincenzo Stura traendosi dal nugolo assordante.
Giuseppe Boscone si voltò un attimo a guardarli.
- Li facciamo per incularli, - disse con voce tranquilla. Lo strepito si udì più forte. Vincenzo Stura aggrottò le sopracciglia e accentuò il suo tic all'angolo della bocca.
- Questi dànno il sangue per noi, - aggiunse il Presidente.
Intere famiglie - Giuseppe Boscone lo sapeva bene, come, del resto, Vincenzo Stura - sopravvivevano col lavoro dei bambini. E i bambini bastonati, usati, sopportavano tutto, bastava dar loro ogni tanto una palla di pezza. Gli adulti non li amavano, anche se affermavano il contrario e in ogni casa c'era un'immagine della Madonna con il suo Bambino in braccio. La sera bastava loro un pezzo di pane con l'odore di qualcosa per riempirsi lo stomaco. E in tre, in quattro in un unico letto, si addormentavano senza capricci. Per strada erano sempre allegri, cantavano e saltellavano anche quando trasportavano vassoi carichi di bicchieri e tazzine, ceste di pane o ferrivecchi. E, a furia di sentirselo dire, finivano col convincersi che le loro madri e sorelle erano puttane.
Di sera, tornando a casa, l'esercito sempre allegro animava i vicoli e il buio nascondeva i lividi.
- Meno male che ci sono loro, - borbottò Giuseppe Boscone. - Altrimenti ci sbraneremmo tra di noi come cani.
Un'altra piazzetta davanti ai due amici vomitò l'allegria di altri mocciosi. Tutt'intorno era un vociare ininterrotto.
Matteo Collura

Che iddio ti cerry!

martedì 28 giugno 2011

Where the wild things are

Alzi la mano chi non ha mai giocato a tirare le zolle...
Alzi la mano chi non ha mai mangiato la terra...
Alzi la mano chi non è mai stato il re...
Alzi la mano chi non ha mai liberato la sua donna dalle grinfie dei cattivi...

Era il tempo prima di cominciare ad andare a scuola, certo.
Era il tempo delle cose selvagge.

Adesso ho giusto il tempo di ringraziare 
Dave Eggers, Spike Jonze e Maurice Sendak 
perchè poi devo andare a giocare a tirare le zolle... chi viene? 
Devo liberare la mia donna dalle grinfie dei cattivi...

Vamo' a portarnos mal


Che iddio ti cerry!

domenica 26 giugno 2011

In trincea!


...i partigiani della crescita economica non si limitano a ignorare le arti. Essi le temono. Infatti, la sensibilità simpatetica coltivata e sviluppata è un nemico particolarmente pericoloso dell'ottusità, e l'ottusità morale è necessaria per realizzare programmi di sviluppo economico che ignorano le disuguaglianze. E' più facile trattare le persone come oggetti da manipolare se non ci è mai stato insegnato a considerarle sotto un altro punto di vista. Come disse Tagore, il nazionalismo aggressivo ha bisogno di annebbiare la coscienza morale, quindi ha bisogno di persone che non apprezzano l'individualità, che ripetono gli slogan del gruppo, che si comportano, e che vedono il mondo, come docili burocrati. Le arti sono un grande nemico dell'ottusità, e gli artisti (a meno che non siano del tutto sottomessi o corrotti) non sono i servi fidati di alcuna ideologia, neppure di una fondamentalmente buona: essi chiedono, sempre, all'immaginazione di superare i confini, di vedere le cose in modo nuovo. Di conseguenza, coloro che formano i quadri necessari per lo sviluppo economico si scaglieranno sempre contro l'inclusione delle materie letterarie e artistiche fra gli ingredienti dell'istruzione di base. Questa offensiva è oggi in pieno svolgimento in tutto il mondo.
Martha C. Nussbaum

Tranquilla Martha, gli spacchiamo il culo a "coloro che formano i quadri necessari per lo sviluppo economico"!

Che iddio ti cerry!

venerdì 24 giugno 2011

Premio Oscar

Chi scorge una differenza tra spirito e corpo, non possiede né l'uno né l'altro.

Oscar Wilde

Che iddio ti cerry!

domenica 19 giugno 2011

The Big Man you've ever seen


Qualcuno un giorno mi chiese cos'è per me la bellezza... un sax solo...


Che iddio ti cerry!

martedì 14 giugno 2011

Lamento dell'inedito

Bene! Benissimo! Perfino un referendum avete scomodato, e l'avete vinto, o meglio, l'abbiamo vinto, perchè anch'io ho votato "sì". Non sono certo un invidioso per natura e non sarà la fortuna di una collega a farmi cambiare. L'acqua pubblica... l'acqua non pubblica... Ha vinto l'acqua pubblica? Benissimo! Viva l'acqua pubblica, ma mi sia concessa almeno qualche pacata considerazione, per dio! Vengo subito al dunque: se ora perfino l'acqua, così incolore, insapore, inodore, e quindi, mi sia concesso, per dio, vagamente sciatta, se perfino l'acqua, dicevo, pubblica, perchè io ancora non pubblico?

Che iddio ti cerry!

domenica 12 giugno 2011

Ledgerissimo 2

E' stupido sentire la mancanza di qualcuno che non hai mai conosciuto?
E' patetico, adolescenziale, idiota, vergognoso, irrispettoso, stupido... ?
Sono tutto questo in questo momento, mi manchi Heath


E' morto l'attore sbagliato

Che iddio ti cerry!

giovedì 9 giugno 2011

Pazzesco!

Di una canzone che amo da sempre non avevo ancora mai visto il video: bellissimo!
Sarà che mi piace così tanto il pezzo che anche un monocromo nero mi sarebbe andato bene? Sticazzi...
Ecco il risarcimento per tutti questi anni di fottuta ignoranza visiva


Che iddio ti cerry!

domenica 5 giugno 2011

Nel segno della continuità


  Alla festa per il matrimonio della figlia di uno dei boss più in vista della provincia agrigentina l’ospite d’onore si fa largo tra gli altri invitati per abbracciare e baciare il padre della sposa. È un giovane avvocato venticinquenne, astro nascente della politica siciliana. Si chiama Angelino Alfano e diventerà in pochi anni ministro della Giustizia. Ma oggi che Berlusconi lo vorrebbe incoronare suo vice nessuno lo ricorda.


«Il padre di Angelino Alfano mi ha chiesto voti per il figlio». A parlare, Giovanni Alongi, boss della famiglia mafiosa di Aragona. Almeno secondo il racconto di Ignazio Gagliardo, un pentito di mafia di Agrigento. Il 12 marzo 2009 i pm di Palermo lo interrogano nell’ambito della nuova inchiesta per mafia sull’ex governatore siciliano Tòtò Cuffaro, oggi in carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Il pentito racconta, e fa i nomi. Anche nomi eccellenti che i pm non si aspettavano di dovere ascoltare. Parla anche del Ministro della Giustizia in carica, che oggi Berlusconi vorrebbe promuovere segretario del suo partito.

In carcere era un giorno qualunque, uguale a tutti gli altri. I boss, nelle loro celle, giravano i canali del televisore, finché vennero tutti sopresi dalle stesse immagini. E soprattutto dalle stesse parole. Davanti ai loro occhi il nuovo Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parlava di mafia e antimafia con i suoi soliti ritornelli retorici che chiunque lo abbia sentito parlare almeno una volta conosce a memoria: “Un tempo bisognava dire di essere antimafiosi, oggi bisogna esserlo con i fatti”, “Giovanni Falcone è l’eroe e l’esempio cui ci dobbiamo ispirare” perché la mafia, com’è noto, “fa schifo”. I boss, abituati dal governo Prodi a un ministro della Giustizia che con i mafiosi prima fa il testimone di nozze e poi tratta, come dimostrano le intercettazioni pubblicate da AgoraVox, tramite i suoi collaboratori al Ministero, non ci stanno. E quando s’incontrano per l’ora d’aria, esprimono tutto il loro risentimento per la presa di distanza del nuovo Ministro. «È un pezzo di merda», dicono. «Ora facciamo schifo ma non lo facevamo prima, quando ci chiedevano voti». Finché a sua difesa non interviene Alongi. «A questo putno – racconta Gagliardo – Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: “Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino. Anche il padre di Alfano era un politico”». 

Queste dichiarazioni non sono mai state riscontrate in un processo, e al momento Alfano non risulta nemmeno indagato. Ma questo racconto nelle innumerevoli biografie giornalistiche del nuovo “delfino” berlusconiano che i quotidiani stanno pubblicando in questi giorni è del tutto scomparso. Meglio ripiegare su più accomodanti agiografie come quelle stilate dal Giornale (“Angelino, il primo della classe che ha bruciato tutte le tappe”) o dal quotidiano indipendente La Stampa: “Sposo ideale, figlio ideale, genero ideale, e poi deputato ideale, alleato ideale, avversario ideale fino a ministro e segretario ideale. C’è qualcuno a cui non piaccia Angelino Alfano?” E giù una lenzuolata di motivi per cui Alfano “piace” (perché ha “il piglio”, perché ha fascino, “perché non esibisce il vizio e di conseguenza non è tenuto a esibire la virtù”, perché “si mantiene in forma”, perché piace e basta). Poi, a sorpresa, l’agiografo morde: “Se poi qualcuno insinua, ché la mano sbagliata capita sempre di stringerla, si addolora virilmente”. Di quali mani si stia parlando ai lettori della Stampa non è dato sapere, così come a tutti gli altri lettori di giornali. 

Eppure una mano sbagliata, di quelle da cui a tutti i costi bisognerebbe stare lontani, Alfano l’ha stretta. È la mano del capomafia di Palma di Montechiaro, Croce Napoli, morto ormai da dieci anni. O meglio, la guancia. Perché il boss Alfano l’ha anche baciato. E stavolta non c’entra il racconto de relato di un mafioso in carcere: a inchiodare il ministro c’è un filmato. 

Era l’estate del 1996, l’anno in cui il neo-delfino del Cavaliere ottenne quasi novemila voti alle regionali, risultando il primo dei non eletti. Si sposava la figlia del boss e Alfano era l’ospite d’onore. In una videocassetta del matrimonio lo si vede baciare il padre della sposa. Dopo il taglio della torta, Alfano si fa avanti con in mano il suo regalo di nozze, tra i saluti ossequiosi dei presenti, verso gli sposi. Prima bacia loro, poi abbraccia e bacia il capomafia padre della sposa. Tutto filmato e documentato. Interpellato sui fatti, Alfano prima negò tutto, dicendo di non ricordare e minacciando i giornalisti («attenti a pubblicare notizie del genere»). Poi, dopo ventiquattro ore, uscita la notizia, recuperò la memoria: «Adesso ricordo, (…) ricordo di esserci stato, ma su invito dello sposo e non della sposa». Racconta che non conosceva la sposa e «men che meno suo padre» della cui identità «non conoscevo nemmeno l’esistenza». Dunque «non ho nulla di cui giustificarmi», e via con il solito copione del ragazzo antimafioso «dai tempi del liceo».

Certo, il racconto di un pentito non dimostra affatto una collusione mafiosa tra Alfano e Cosa nostra, né tantomeno un bacio dato a un boss forse per caso. Ma dell’opportunità di ricoprire le cariche di Ministro della Giustizia e a breve di segretario del primo partito del Paese (se Berlusconi riuscirà ad aggirarne i regolamenti) alla luce di queste storie occorrerebbe quantomeno discutere. Ma per poterne discutere, prima, bisognerebbe raccontare i fatti.

Che iddio ti cerry!


venerdì 3 giugno 2011

Vasche

Un pesce fuor d'acqua nuotava
Nella trafficata vasca pedonale
Lanciava forte
il suo muto richiamo
Assordava brillanti semafori
Svegliava i cofani e le cofane
Tra spenti fanali
Neanche l'ombra dell'amata scorfana
Non pesce nè flora nè fauno
Nessuno si curava del gridar suo lanciato muto
Finchè una striscia pedonale
con tipica arroganza
di chi pedon fra pedoni è maggioranza
Si alzò e lo andò a incartare
mandandolo igienicamente a cagare

Che iddio ti cerry!

giovedì 2 giugno 2011

Moonwalken

Do you know Christopher Walken?


Che iddio ti cerry!

El retablo de las maravillas


L'invenzione di far vedere nel quadro ciò che si vole, dietro ricatto d'essere, se non si vede, fortemente manchevole o gravato d'una colpa, non mi sembrò originar da loro. E mi sovvenni allora ch'era la trama comica de l'entremés del celebre Cervantes, intitolato appunto El retablo de las maravillas, giunto di Spagna in questa terra sicola e dai due fanfàni trasferito dalla finzione del teatro nella realitate della vita per guadagnar vantaggi e rinomanza. Io mi chiedei allor, al di là dell'imbroglio di Crisèmalo e Chinigò, nel vedere quei rozzi villici rapiti veramente e trasportati in altri mondi e vani, su alte sfere e acute fantasie, sopra piani di luce e trasparenze, col solo appiglio d'un quadro informe e incomprensibile e la parola più mielosa e scaltra, io mi chiedei se non sia mai sempre tutto questo l'essenza d'ogni arte (oltre ad essere un'infinita derivanza, una copia continua, un'imitazione o impunito furto), un'apparenza, una rappresentazione o inganno, come quello degli òmini che guardano le ombre sulla parete della caverna scura, secondo l'insegnamento di Platone, e credono sian quelle la vita vera, il reale intero, come l'inganno per la follia dolce de l'ingegnoso hidalgo de la Mancha don Chisciotte, che combattè contra i molini a vento presi per giganti, o per furore tragico d'Aiace che fe' carneficina delle greggi credendola d'Atridi, o come l'illusione che crea ad ogni uom comune e savio l'ambiguo velo dell'antica Maya, velo benefico, al postutto e pietoso, che vela la pura realtà insopportabile, e insieme per allusione la rivela; l'essenza dico, e il suo fine il trascinare l'uomo dal brutto e triste, e doloroso e insostenibile vallone della vita, in illusori mondi, in consolazioni e oblii.
Vincenzo Consolo

Che iddio ti cerry!