Trascrivo e saluto con un pò di quei suoni che hanno viaggiato nelle mie orecchie negli ultimi giorni...
Scorro, schiumo, sciabordo.
Porto sulla cresta delle correnti
l'acqua placida e ogni furia.
Nelle mie viscere più profonde
custodisco i loro lamenti.
Le dita delle mie onde accolsero
quelle silenti disperazioni
e restituirono loro il sonno più antico:
l'ultimo sonno senza sogni
che rapisce i pensieri
e cancella ogni paura
e si prende il respiro
che si fa statua di cera.
Immobile. Gelo.
Li ho cullati uno a uno
e li ho adagiati sul fondo del fondo.
Scorro, schiumo, sciabordo.
Ma che paese è mai questo?
Che uomini sono
quelli che hanno negato la mano
ai loro fratelli?
E poi la terra sui poveri resti
corrosi dal sale
fatti a pezzi
dai denti affilati
dei pescecani?
Scorro, schiumo, sciabordo
sotto il cielo di Capopassero.
Io li ho veduti.
Io sono testimone.
Accompagno quelli che vanno per mare
e nell'abisso custodisco
i loro lamenti.
I lamenti rimasti impigliati nelle reti
gonfie di nuvole di pesce azzurro
e di tonni.
E di mani e di braccia e di gambe frantumate.
E di occhi galleggianti. Sgranati.
E di pezzi di cuore
scampati ai morsi
dei figli del mare.
Scorro, schiumo, sciabordo.
Io che li ho restituiti
in braccio alle correnti
per adagiarli nell'abisso
io sono testimone
e l'unico
che può chiamarsi innocente.
Scorro, schiumo, sciabordo.
Ho pianto con il loro pianto
ho ruggito con il loro urlo
ho intonato il loro lamento
e un canto.
E ho udito un pescatore
ascoltare quelle voci
e gridare alla tempesta
alle stelle, alla notte, al vento
e finanche agli angeli dei pescatori
l'ho udito gridare:
"C'è qualcuno che piange qui?".
Scorro, schiumo, sciabordo.
I mari non hanno altra voce.
Non posseggono altra risposta.
Tempesta è tempesta. Bonaccia è bonaccia.
A loro è risparmiata la malinconia del dubbio.
Scorro, schiumo, sciabordo.
Ma che paese è mai questo?
Che uomini sono
quelli che fanno finta di niente?
Che vedono e non hanno visto?
Che sentono e non hanno udito?
Che sanno e non hanno saputo?
E che celebrano le differenze come colpa?
Che distinguono il diritto alla pace
per i vivi e per i morti
guardando al colore della pelle
al timbro di un passaporto
a un conto di valore a misura di merce?
Che pesano la gente a utile carne
come si fa coi porci?
Che uomini sono questi?
Scorro, schiumo, sciabordo.
E' questa la voce del mare.
Io sono testimone.
Ho avuto pietà del loro dolore
e li ho adagiati
- come fa la madre la sera col figlio
prima di consegnarlo alla notte -
li ho adagiati nell'acqua di un fosso.
Ho restituito loro il silenzio.
Ho consolato il loro lamento.
E il fracasso dei morti
è diventato un canto.
Un canto clandestino
che saliva dall'abisso.
Mimmo Sammartino
Che iddio ti cerry!